Sono moltissimi gli autori che nel corso degli anni, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, hanno provato a raccontarci attraverso le pagine quello che è stato uno dei peggiori momenti storici del XX secolo: lo sterminio ebreo ad opera dei nazisti, tristemente noto come Shoah.
Tra questi l'australiano Keneally, che in questo libro narra la storia, vera, di una persona atipica, almeno per quel particolare periodo; un uomo che attraverso il suo comportamento permise di salvare la vita a migliaia di persone, altrimenti destinate alla fine nei forni crematori.
Oskar Schindler, cecoslovacco, era un imprenditore con grandi capacità, dirigeva una fabbrica di successo che produceva oggetti smaltati a Cracovia, in Polonia, e da sempre annoverava alle sue dipendenze moltissimi ebrei; con l'inizio della guerra la sua impresa venne destinata alla fabbricazione di munizioni, di certo più utili di quanto potessero esserlo le pentole.
I suoi dipendenti lavoravano alacremente e, nonostante le prime leggi razziali avessero confinato gli ebrei in un ghetto, non vi erano cattivi presagi o segnali di quello che di lì a poco sarebbe successo.
Già dalla fine del 1942 però, la strategia di Hitler era cambiata, e stava per essere messa in atto la cosiddetta "soluzione finale", che prevedeva il trasferimento di tutti gli ebrei in campi di lavoro, dove si sarebbero resi utili fino allo stremo delle loro forze e poi eliminati.
Grazie alle sue conoscenze, oltre a gentili e costosi omaggi elargiti a personalità e funzionari, Schindler fece in modo che nessuno dei suoi ebrei venisse deportato, anzi: si costruì il proprio campo di lavoro e continuò a richiedere manodopera dagli altri lager. Una strategia che, per quanto economicamente costosissima, si rivelò decisiva per migliaia di persone, che se non fosse stato per lui sarebbero certamente morte, probabilmente ad Auschwitz.
Oskar Schindler è stato nominato "Persona Retta", un titolo che in Israele ha un enorme significato, ed è giusto che sia stato proprio quel paese, per primo, a rendere omaggio a una persona straordinaria, capace di mettere altri davanti a sé, capace di sacrificare la sua vita, che avrebbe potuto essere agiata e viziata, per salvarne delle altre.
Voto: 4/5
Il mito del calcio inglese appassiona da anni anche noi italiani: stadi all'avanguardia e dotati di ogni comfort, tribune sempre piene, visuali perfette, ma anche sicurezza e uno spirito di condivisione e divertimento che porta alle partite giovani e anziani, famiglie con bambini e tante donne.
Sembra proprio un paradiso felice la Premier League e, per quanto alcuni problemi permangono e le difficoltà non mancano, lo è di sicuro di più se confrontata con la Serie A italiana, caratterizzata da strutture fatiscenti, ampi spazi vuoti tra gli spalti e un clima di tensione pressochè perenne.
Ci chiediamo: in Inghilterra è sempre stato così?
La risposta è ovviamente no! Anzi, gli anni 70 e 80 inglesi sono stati probabilmente i peggiori a livello europeo da quando il calcio è diventato per definizione "lo sport del popolo".
Ma allora, cosa ha portato gli inglesi a debellare quasi completamente il problema hooligan, dando vita a uno dei campionati più belli del mondo, e non solo sugli spalti?
Una spiegazione provano a darcela alcuni sociologi attraverso vari saggi sull'argomento tifosi nel mondo del calcio, opportunamente raccolti e riadattati per il testo da Rocco De Biasi.
Ovviamente non possono essere loro a risolvere i problemi che affliggono il nostro calcio, ma le loro considerazioni sono sicuramente una buona base su cui poggiare per far compiere al nostro campionato il necessario salto di qualità.
Un libro molto interessante, anche se estremamente difficile da leggere e da comprendere; è comunque una lettura che consiglio agli appassionati di calcio, soprattuto quello inglese.
Voto: 3/5
Patrick "Paddy" Clarke ha 10 anni, vive a Barrytown, Irlanda, e si diverte moltissimo a combinare guai; ama suonare i campanelli e poi scappare, incidere il suo nome nel cemento fresco, correre all'aria aperta e imitare George Best. Al contrario, odia gli zoo e i baci, ma non è molto contento neppure del suo fratellino.
A scuola se la cava abbastanza, non tanto da essere nella prima fila di banchi, ma neanche da stare seduto negli ultimi posti, e il maestro Henno a volte gli fa pure i complimenti.
A casa si comporta come un bravo bambino, e la mamma è contenta di lui, ma a dir la verità il papà gli sembra un tantino indifferente. Anzi, ultimamente gli dà l'idea di essere un po' diverso, e qualche volta discute animatamente con la mamma, ma poi con una risata tutto sembra passare.
E' un bellissimo personaggio Paddy Clarke, un bambino che quando pensa dimostra molto più dei suoi dieci anni; certo, è scalmanato e anche un po' irriverente come solo alla età si può essere, ma è anche incredibilmente saggio nel giudicare quello che sta succedendo a casa. Aspettare la fine delle liti tra i suoi genitori non gli basta più, lui vuole impedirle, anche a costo di restare sveglio tutta la notte e di venir rimproverato in classe per gli occhi rossi.
Un libro molto bello, dove non ci sono solo il divertimento e la spensieratezza dei bambini, ma anche la consapevolezza che il mondo degli adulti è diverso da quello che può apparire, e che sono proprio i più piccoli a poterci insegnare le cose migliori e a darci le risposte che cerchiamo.
Voto: 4/5